Frammenti di memoria #17

POTERE OPERAIO – ULTIMO NUMERO NOVEMBRE '73 

Atti del seminario di Padova

28 luglio – 4 agosto 73

 

Ricominciare da capo non significa tornare indietro

 

Perchè usciamo dal gruppo

Perchè scegliamo l' Autonomia organizzata

Non torniamo indietro andiamo avanti

 

Perchè ricominciamo daccapo dopo dieci anni da quella Piazza Statuto,
mai abbastanza maledetta da padroni e riformisti, che è stata il nostro
congresso di fondazione? Perchè crediamo oggi fondamentale una radicale
campagna di rettifica di linea e di dissoluzione della "struttura di gruppo",
una vera e propria rivoluzione culturale nell' ambito della organizzazione della
sinistra rivoluzionaria? Perchè e come riproponiamo il tema dell' organizzazione
di classe, dopo questi dieci anni di crescita del movimento ed alcuni momenti
di egemonia sul movimento rivoluzionario complessivo? Quali sono le prime scadenze,
i primi elementi di programma e le forme di organizzazione che una fase di chiarimento,
di dibattito e di lotta politica ha enucleato e sulla quale dobbiamo provarci?

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In questo clima…

"In questo
clima, mentre si passa dal '76 al '77, la vita quotidiana
della libreria registra trasformazioni considerevoli. I
giovani del movimento '77 si mischiano con i vecchi militanti,
le componenti libertarie e situazioniste si rinnovano e si
diffondono. A fianco poi c'è l'estensione generalizzata delle
pratiche femministe che dopo e durante la sperimentazione dei
gruppi di autocoscienza si dotano di giornali, riviste, sedi
proprie. 

Certamente l'emergere delle tematiche femministe
contribuisce a dare il colpo definitivo ai gruppi verticali.
Molte militanti uscirono dalle organizzazioni e altre rimasero
all'interno ma anche queste ultime con profonda e rinnovata
autonomia. Tutto ciò che riguardava l'autorità maschile sia in
politica che nel privato venne rimesso in discussione dalle
fondamenta. La battaglia contro i ruoli produsse sfracelli sia
in politica che tra le coppie dei compagni. 

Ci furono
moltissime separazioni con conseguenze spesso drammatiche
sulla vita dei militanti maschi. In realtà la gran parte della
politica militante era stata fortemente caratterizzata da un
maschilismo strisciante, o di contenuti, e la rivolta delle
donne trovò gli uomini totalmente impreparati a fronteggiare
queste nuove identità.

Comincia così in Calusca una
processione di compagni più o meno giovani che hanno in crisi
la coppia e di conseguenza fanno un uso accelerato di
psicoanalisi e di testi sulla sessualità per capire dove
diavolo vanno a finire o meglio che cosa è successo alle loro
esistenze private investite dal ciclone femminista. E' un
periodo, e durerà molto, di grande malessere per gli uomini. 


Il '77 sarà dunque un anno assolutamente faticosissimo da
vivere in libreria. Faticoso proprio nei rapporti
interpersonali quotidiani anche se, come riscontro, vi è una
grande ricchezza derivata dall'inquietudine e dalla ricerca di
nuove vie e di nuove culture. In questo quadro ci sono i
drammatici scontri di Bologna, la grande e violenta
manifestazione di Roma e le prime sperimentazioni dei nuovi
modelli repressivi prodotti dai governi di unità nazionale.
Partono cioè i vari teoremi che fanno un tutt'uno della
complessità del movimento, che tentano di appiattire le
culture politiche sulla tematica del complotto unitario o del
fiancheggiamento degli allora ultra-minoritari gruppi armati.
In prima fila a soffiare sul fuoco o a gestire direttamente la
repressione è, come avevamo previsto, il PCI, oramai nell'area
governativa. Partono così le prime incriminazioni per
associazione sovversiva a Bifo e agli altri di Bologna, viene
chiusa manu militari Radio Alice e Toni Negri si rifugia una
prima volta in Svizzera perché inquisito anche lui per una
fantomatica associazione sovversiva. 

Il PCI usa tutta
l'efficacia dei propri mezzi di comunicazione e tutta la forza
che ha in fabbrica per criminalizzare qualsiasi cosa si muova
alla sua sinistra. Famosi sono per esempio i questionari
distribuiti dalle varie federazioni del PCI nelle fabbriche e
nei quartieri. Il loro contenuto era un vero e proprio invito
alla delazione, a denunciare cioè attraverso la cultura del
sospetto chiunque non rientrasse nella linea di collaborazione
con il PCI stesso. In questa direzione si può dire che più che
la classe operaia che si fa stato di berlingueriana memoria,
si determina piuttosto il PCI che si fa magistratura e forza
di polizia. Nella pubblicistica ufficiale comunista e
democristiana (ma anche degli altri partiti), il pentitismo e
la delazione diventano categorie e valori morali. 

Le
conseguenze, nel tempo, sul piano della cultura giuridica e in
genere degli universi etici del paese saranno terribili e i
suoi esiti sono fin troppo evidenti ancora oggi. Tornando a
quegli anni, personaggi come Pecchioli e Violante sono i
diretti ispiratori dei magistrati inquirenti e il sistema
politico sembra voler delegare alla magistratura il ruolo
vicario del parlamento mentre nelle aule dei tribunali si
consumeranno qualche anno dopo autentiche infamie giuridiche. 


Avviene nei fatti il passaggio, intuito precedentemente, dalla
strategia della tensione alla politica dell'emergenza. Tutto
ciò che non rientra nella compatibilità del sistema viene
sussunto dentro la categoria di emergenza per essere represso
o intimidito. Vengono effettuate in continuazione moltissime
perquisizioni in tutta Italia: a me smontano sette o otto
volte la casa e la libreria. Perquisire la libreria era poi un
problema perché ci volevano giorni interi di lavoro: c'era una
montagna di carta da esaminare e quindi, regolarmente,
arrivavano 10 carabinieri che per ore si mettevano a cercare
documenti sovversivi."

(PRIMO MORONI – "Ma l'amor mio non muore")

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Lavoro-non lavoro…

"I giovani dei Circoli, ma più in generale il movimento
del '77, avevano un universo socioculturale diverso. Non
credevano più nella fabbrica, facevano il possibile per non
andarci (anche se più tardi molti di loro vi saranno
costretti), diffidavano fortemente della politica e
realizzavano preferibilmente i loro universi vitali
all'interno delle compagnie di quartiere, dei piccoli gruppi
in cui erano cresciuti e di cui si fidavano. Prima era un
punto di onore andare in fabbrica: il massimo era l'essere
laureati ma fare lavoro politico in fabbrica o addirittura
andare a fare l'operaio. 

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Figli di nessuno


Desideri e bisogni dei “figli di nessuno” erano quelli di una rivolta capace
di esprimersi su tutti i piani della complessità sociale vissuta, non di suoi
parziali comparti. Di rivolta totale, esistenziale, abbisognavano, e questo
strideva con la politica dei gruppi extraparlamentari, in quel periodo, tra
l’altro, in crisi. Una crisi che i più lungimiranti avevano affrontato con la
scelta dello “scioglimento” come precondizione per una possibile
ridefinizione di strategia, tattica, organizzazione, programma, e che i meno
accorti avevano affrontato con velleitari ed effimeri progetti di partito
ereditati dal frusto repertorio della tradizione terzinternazionalista.

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Frammenti di memoria #16

AVVISO

riguardo la società dominante e coloro che la contestano 

 

BERKELEY-SAN FRANCISCO — novembre 1974



Considerato,

che “la critica che va al di là dello spettacolo deve saper attendere”;

Considerato,

che la società spettacolare ci mantiene in una schizofrenia sociale
organizzata, offrendo fantasie utopistiche o nostalgiche senza conseguenze
pratiche, o l’impegno empirico nell’attualità senza coscienza della totalità;

che quest’organizzazione dominante della confusione trova la sua espressione
naturale, ed il suo rafforzamento, nel movimento stesso che mira ad opporvisi —
nella forma organizzativa astratta che precede il suo contenuto o
nell’associazione concreta che resta inconsapevole della sua forma;

Considerato,

che la critica incessante del milieu rivoluzionario, lontano dall’essere un
atteggiamento meschino o “settario”, è una tattica centrale, poiché questo
milieu tende a riprodurre in sé stesso, in forma concentrata, le principali
contraddizioni e miserie della società dominante che combatte;

il nostro disprezzo per quasi tutte le organizzazioni radicali esistenti,
che, presentando sé stesse come leadership da seguire o come esempio di uno
stile migliorato di vita da imitare, generano illusioni sulla possibilità di un
cambiamento fondamentale senza il rovesciamento completo di tutte le
condizioni esistenti,
la negazione dell’economia mercantile e dello Stato;

Considerato,

che la prossima rivoluzione esige che, per la prima volta nella
storia, le masse proletarizzate sviluppino la coscienza pratica della
loro lotta, non mediata da capi o specialisti;

che un secondo attacco internazionale contro la società di classe, che
è cominciato in modo diffuso negli anni ’50 e che ha ottenuto la sua prima
vittoria decisiva nelle lotte aperte della fine degli anni ’60, sta già entrando
in una nuova fase, gettando via le illusioni e le imitazioni dei fallimenti di
mezzo secolo fa per iniziare a confrontarsi con i suoi veri problemi;

che negli Stati Uniti, dopo un decennio di lotte diffuse, che mettono in
dubbio tutti gli aspetti della società moderna ma per la maggior parte a partire
da prospettive ingenue o separatiste, ora sono i lavoratori stessi che iniziano
a lottare autonomamente contro il regno della separazione, contro
l’istituzione del lavoro ed il suo rovescio, gli svaghi alienati consumati
passivamente;

che mentre qui la nuova lotta di classe non è rimasta indietro rispetto a
quelle che avevano luogo negli altri paesi industrializzati moderni, la sua
coscienza di sé stessa è rimasta indietro
(il fatto che non ci si può ancora
procurare i principali testi dell’Internazionale Situazionista nella più
avanzata società spettacolare non è che l’espressione più
eclatante di questo
sottosviluppo teorico);

che i proletari devono confrontarsi con l’immensità dei loro compiti, i
compiti di una rivoluzione che questa volta dovranno condurre loro stessi;

che se siamo “difficili da comprendere”, non è perché il nostro linguaggio
è inutilmente complesso, ma perché i problemi del movimento rivoluzionario
moderno sono necessariamente complessi; e che è il progresso stesso di
questa lotta verso il momento della semplificazione radicale della
questione sociale che inizia a renderci meno difficili da comprendere;

Considerato,

che un’organizzazione rivoluzionaria non può in alcun modo essere da sé
un’alternativa alla società dominante; che finché le masse non hanno creato le
condizioni per la costruzione di una vita sociale liberata, impadronendosi e
trasformando la tecnologia materiale ed rovesciando ogni autorità esterna a sé
stesse, ogni realizzazione radicale positiva tende ad essere recuperata nel
sistema come riforma reale o come rivoluzione spettacolare;

che la funzione dell’organizzazione rivoluzionaria come quella della teoria e
della pratica rivoluzionaria in generale è fondamentalmente negativa,
critica,
attaccando gli ostacoli alla realizzazione delle condizioni di una
creatività sociale positiva;

che se devono essere realizzate in pratica, le tendenze e le divergenze
teoriche devono essere tradotte in questioni organizzative;

Considerato,

che la pratica della teoria comincia a casa propria;

Noi dichiariamo,

che non costituiamo un’organizzazione rivoluzionaria permanente, formale o
informale, anche qualora alcuni fra noi dividano o abbiano diviso la stessa
casella postale;

che ciascuno di noi, scrivendo un testo o traducendo un testo di un altro,
parla al movimento rivoluzionario soltanto a nome proprio, per quanto le
basi generali della teoria rivoluzionaria moderna siano riconosciute da tutti
noi;

che se alcuni di noi hanno discusso o anche collaborato ad alcuni progetti,
abbiamo spesso evitato tali discussioni o collaborazioni, preferendo l’uno o
l’altro di noi fare da sé i propri errori piuttosto che contare sulla
protezione dei buoni consigli dei suoi compagni;

che nella misura in cui ci associamo tra noi o con altri, definiamo le
modalità e delimitiamo l’ambito di tale collaborazione; mirando sempre ad
incitare le correnti radicali al rigore e all’autonomia, rifiutiamo il contatto
con quelli che hanno scopi contrari o con quelli che mancano delle basi concrete
per tale collaborazione;

che la decisione di proseguire indipendentemente le nostre rispettive
attività è basata su considerazioni particolari e non su un qualunque
anti-organizzazionismo spontaneista;

che queste considerazioni comprendono: il desiderio di ciascuno di noi di
sviluppare il massimo d’autonomia teorico-pratica; il desiderio di favorire lo
sviluppo di strategie distinte in una rivalità proficua; lo stato della lotta
per la teoria pratica in questo momento e in questo luogo;

che questa decisione è suscettibile di cambiamento quando la realtà delle
nostre situazioni o del movimento rivoluzionario avrà reso possibili ed avrà
definito forme d’associazione più appropriate ai compiti che ci diamo.

TITA CARRIÓN, ROBERT COOPERSTEIN, ISAAC CRONIN,

DAN HAMMER, KEN KNABB, GINA
ROSENBERG, CHRIS SHUTES
 

Allora.

Pensate di avere qualcosa di comune con noi (oltre alla miseria che ognuno
condivide)… Vedete qualcosa di interessante in ciò che diciamo… Cose che voi
stessi avete già pensato… Vi togliamo le parole dalla bocca…

Non datevi la pena di farcelo sapere.

Smettetela di inviarci i vostri inutili elogi, le vostre opinioni oziose, le
vostre noiose questioni, le vostre vane richieste di incontrarci. Non vogliamo
sentir parlare del vostro “accordo” con noi finché non sbocca su qualcosa di
pratico.

Pensate di avere qualcosa in comune con noi? Provatelo.

 

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Viola

MILANO – Il 7 dicembre a Milano è
Sant'Ambrogio , la festa del patrono della città: la borghesia milanese inaugura
in questa data con la prima della Scala un anno nuovo di sfruttamento e di
dominio, ostentando la sua ricchezza i suoi privilegi. 

Anni fa la contestazione
studentesca travolse la Scala e tuorli d'uovo scivolavano sulle pellicce,
c'erano le bandiere rosse, c'erano gli studenti e fu un momento decisivo di
attacco ai simboli della società dei consumi; i giovani erano lì sia a
denunciare il consumismo, affermando che la liberazione degli individui non
passa attraverso la scalata ai beni di consumo sia a ricordare la società dei
consumi è sempre società borghese, dove esistono le discriminazioni di classe e
le disuguglianze: mentre la borghesia impellicciata si arrogava il diritto alla
prima della Scala, ad Avola la polizia sparava ed uccideva due proletari. 

Il
proletariato giovanile andrà alla Scala, ha bisogno di andare alla Scala, sarà
molto difficile andarci creativamente ma faremo il possibile, saremo lì a
gridare che vogliamo vivere e che non siamo disposti a fare sacrifici. 

Perchè
quest'anno e non l'anno scorso alla prima? Perchè quest'anno la prima alla Scala
è – per la borghesia milanese – un'occasione di affermazione politica sul
proletariato e un'ostentazione di una forza che si sta ricostruendo, è l'insulto
al proletariato costretto a fare sacrifici per mandare i borghesi alla prima. La
prima della Scala è oggi una scadenza politica. 

Il proletariato giovanile si
pone, insieme con le donne, come detonatore e come avanguardia culturale
dell'esplosione degli attuali equilibri di forze fra le classi, ma c'è qualcosa
di più dal 1968. La logica dei sacrifici è la logica borghese che dice: ai
proletari la pastasciutta, ai borghesi il caviale. Noi rivendichiamo il diritto
al caviale: perchè siamo arroganti (forse perchè è caratteristica dei giovani);
perchè nessuno potrà mai convincerci che in tempi di sacrifici i borghesi
possono andare in prima visione e noi no, che loro possono mangiare il
parmigiano e noi no, o addirittura a costringerci a digiunare. 

I privilegi che
la borghesia riserva per se sono i nostri, li paghiamo noi. Per questo li
vogliamo conquistare e ne facciamo una questione di principio. Vogliamo tutti i
proletari con la pelliccia? No, vogliamo semplicemente prenderci le pellicce che
i borghesi portano a nostre spese e ostentano per umiliarci: per il resto siamo
dalla parte dei bisogni, appoggiamo la loro giusta lotta per non farci ingoiare
da chi domina sul genere umano. 

Il diritto di impossessarci dei privilegi della
borghesia è un elemento nuovo dal 1968, ieri uova marce oggi autoriduzione. 8
anni dopo c'è un nuovo soggetto sociale, imprevedibile ed estremamente nuovo, le
cui lontane radici possono essere riconosciute nel '68 giovanile, nella
ribellione dei capelli lunghi, nelle fughe da casa e nella prima musica nuova. 


Un nuovo soggetto sociale che entra con schemi propri e con tono dirompente
sulla scena della lotta di classe, o meglio della vita quotidiana. E' il
proletariato giovanile, quello vero e non le etichette che tanti vanno
appiccicando come nel caso dei Comitati Antifascisti repentinamente
trasformatisi in circoli giovanili. 

Il proletariato giovanile è un'altra cosa, è
un movimento la cui forza si basa sulla creatività (che non è accessorio più o
meno superfluo, ma è la sostanza), la cui sopravvivenza è vincolata dalla
capacità di usare la forza, perchè la questione è per i giovani o
l'emarginazione totale o il potere totale. Nonostante la giunta rossa, il
privilegio della prima è stato dato ancora alla borghesia milanese, perciò ci
mobiliteremo per impedire ai borghesi di entrare nella Scala: visto che è stata
negata a noi, faremo di tutto per negarla a loro. 

Se non riusciremo ad
autoridurre, autoridurremo gli spettatori. 

Paolo Grassi, "socialista" e
direttore della Scala, ci ha detto che è giusto far pagare 100.000 lire ai
borghesi che vogliono andare alla prima, perchè così si finanzia la produzione
culturale; noi gli rispondiamo che l'incasso della prima deve andare ai centri
di lotta contro l'eroina, che la cultura deve essere dei proletari. 

L'appuntamento per tutti è per martedì sera alle
17,30 in centro con le nostre bandiere viola.

Circoli del Proletariato
Giovanile 

7 dicembre 76

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In quella manifestazione…

"In quella manifestazione i
cortei sono due, uno dei gruppi, che andrà alla Statale, e un
altro che invece si incunea in via Carducci per andare alla
Scala. 

Lì avviene un episodio drammatico: c'è un
imbottigliamento del corteo a opera della polizia, soprattutto
via Carducci non permette vie di fuga laterali. Ci sono
migliaia di persone e una grande confusione. A un certo punto
avviene un errato lancio di molotov dalle file dietro e le
bottiglie vanno a colpire le prime file del corteo. 

Una
ragazza, una ragazza bellissima, rimane pressoché bruciata.
Starà molto tempo in ospedale e, se ricordo bene, ci sarà
anche una sottoscrizione per permettere gli interventi di
plastica al viso e al corpo, ma ancora oggi porta sul corpo le
tracce di quelle ustioni. Fu terribile, un trauma per tutti
nel vero senso della parola. 

Quindi succedono molte cose nel
'76: la crisi dei gruppi, l'avanzata del Partito comunista, la
nascita dei Circoli del proletariato giovanile e, non
dimentichiamolo, l'arrivo e la diffusione a livello di massa
dell'eroina. 

Questo dei Circoli del proletariato giovanile è
uno degli aspetti più nuovi e interessanti di quel periodo. Se
volessimo usare un'immagine metaforica, si potrebbe dire che
così come venivano a finire, o esaurivano il loro compito
storico, le organizzazioni politiche verticali della Nuova
Sinistra, ugualmente, e attraverso i fili impalpabili dei
processi sociali, gli stessi comportamenti soggettivi
diventavano orizzontali"  

   

  (PRIMO MORONI – "Ma l'amor mio non muore")

 

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Due notti di scontri in Grecia

http://www.youtube.com/watch?v=t4xH6ua6YyY

Due notti dove la citta di Salonicco è segnata da scontri e
guerriglia. Autonomi e comunità nigeriana in risposta alla morte di un
venditore abusivo di dvd.

Anche ieri notte, come la serata precedente si sono avuti per tutta
la notte, a Salonicco, scontri tra decine e decine di autonomi e
persone della comunità nigeriana contro la Polizia.
Durante la giornata invece piu 400 persone sono scese in strada in una manifestazione molto tesa.
Tutto è iniziato martedi con una scena ormai troppo normale: un
venditore africano di dvd pirata incappa in un controllo della polizia,
scappa e, accidenti, muore!
Questa volta si è trattato di Tony Onuoha, nigeriano, 25 anni, caduto
da una finestra al primo piano di una caffetteria mentre scappava dal
controllo.

Due notti in cui la comunità nigeriana affiancata dagli squatter e
anarchici locali, hanno deciso di ritornare un po' di terrore a chi
quitidianamente li terrorizza. Oltre a numerevoli poliziotti bastonati
e feriti con pietre, attaccano una stazione radio, distruggendo diversi
negozi, e auto della polizia.

 http://athens.indymedia.org/front.php3?lang=el&article_id=750415

 http://athens.indymedia.org/front.php3?lang=el&article_id=749523

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Frammenti di memoria #15

Roma 12 Giugno 1979 – Interrogatorio di Lucio Castellano avanti al Giudice Istruttore 

L'Ufficio
contesta all'imputato che dalle indagini di Polizia Giudiziaria risulta che
egli concorse alla direzione politica della associazione denominata "Potere
Operaio", partecipando con altre persone alla organizzazione di tale associazione
diretta a promuovere l'insurrezione armata contro lo Stato, con conseguente
sovvertimento violento delle libere istituzioni repubblicane, per la conquista
violenta del potere da parte degli appartenenti alla associazione stessa. Il
programma insurrezionale venne proposto nel corso di numerosi dibattiti e congressi
dai massimi esponenti di Potere Operaio, che posero in evidenza la necessità
della militarizzazione del movimento, del passaggio alla clandestinità
delle avanguardie armate, e della costituzione del partito armato. Risulta altresì
dalle indagini di Polizia Giudiziaria che il Castellano faceva parte del direttivo
nazionale della predetta associazione, nonchè del direttivo centrale
romano e del direttivo "Cinecittà". Allo stesso direttivo romano appartenevano
Leoni Andrea, Morucci Valerio, Pace Lanfranco, Rosati Luigi ed altri che in
seguito sarebbero entrati a far parte di organizzazioni terroristiche variamente
denominate. Nel corso di una perquisizione eseguita dalla Polizia Giudiziaria
presso la sede di Potere Operaio di Via dell'Umiltà, fu sequestrato nella
bacheca situata all'ingresso un opuscolo delle Brigate Rosse. Da documenti sequestrati
presso l'abitazione di Pasquini Vittoria. anche essa appartenente all'esecutivo
nazionale di P.O., emerge che nel corso di riunioni dell'esecutivo nazionale
della suddetta associazione venne ribadita la necessità della lotta insurrezionale
e del "rafforzamento militare del movimento", affermando inoltre che i "servizi
d'ordine" dovevano essere interpretati come esercitazione in preparazione della
guerra civile. Si sostenne altresì nel corso delle predette riunioni,
che la guerriglia ha una funzione pedagogica e che l'esperienzia della guerriglia
urbana è valutata come mobilità di attacco, a partire dai quartieri
e dai bisogni proletari. Si discusse ancora della presa del potere, della metropoli
come base insurrezionale, della istituzione nei quartieri di organismi autonomi
sull'esempio dell'IRA, e di basi rosse. Si parlò infine di un fronte
popolare come prima tappa verso la "distruzione dello stato" e di lotta armata
che doveva essere legata alla "guerra di lunga durata". Da un documento sequestrato
in data 14/5/1977 risulta che Oreste Scalzone collaboratore della rivista
Metropoli, rivolgendosi ai compagni Maesano, Pirri, Zagato, Leoni, Castellano
ed altri, affermava di voler riprendere l'attività del Collettivo politico
di lavoro teorico, iniziata nel luglio del 1976 sulla base di una bozza pubblicata
in "Senza tregua" numero del luglio 1976 con il titolo "Realismo della politica
rivoluzionaria" e ricordava alle predette persone che le discussioni avute all'inizio
del dicembre 1976 avevano una scaletta del seguente tenore: 1) il processo di
riforma dello Stato; 2) crisi e ristrutturazione capitalistica; 3) nuova socialdemocrazia
autoritaria; rappresentanza, crisi della rappresentanza; 4) risultati della
azione politica; una figura unitaria massificata é "l'operaio sociale";
5) teoria dei bisogni emergenti. Critica del valore. Il processo rivoluzionario;
6) la transizione. L'iniziativa rivoluzionaria; 7) potere e produzione al centro
dell'ipotesi di rivoluzione politica. "Programma minimo" come linea di massa
per la fase rivoluzionaria. Programma minimo – istituti di potere – guerra rivoluzionaria.
8) la fase – centralità strategica della questione della rivoluzione,
centralità tattica della costituzione di elementi organizzativi e sociali
del movimento rivoluzionario; 8-1) critica della linea della radicalizzazione
rivendicativa – la questione della trasformazione dell'area estremista in area
rivoluzionaria; 9) alcuni elementi generali di dibattito sulla teoria dell'organizzazione
– organizzazione, programma, istituti di potere, guerra civile, rivoluzione
politica, estinzione dello Stato. La riunione nella quale furono dibattuti i
predetti temi e a cui avrebbe partecipato Castellano, avvenne il 9/1/1977 a
Milano. La maggior parte degli argomenti sopra rappresentati sono stati in seguito
recepiti nelle risoluzioni della direzione strategica delle BR, in particolare
nella risoluzione n. 2 sull'organizzazione, documento interno, nella risoluzione
del febbraio 1978 e in quella del marzo 1979. Per quanto concerne la partecipazione
alla redazione della rivista Metropoli ed al complemento Pre-print, risulta
che alla predetta rivista collaborarono tra l'altro Oreste Scalzone, Franco
Piperno, Lauso Zagato, Lanfranco Pace, incriminati come organizzatori di associazioni
sovversive e bande armate, variamente denominate. Alla stessa rivista avrebbero
collaborato, in base alle risultanze processuali, Morucci Valerio e Faranda
Adriana, appartenenti alle forze "regolari" delle BR, mentre contemporaneamente
organizzavano e partecipavano ad azioni terroristiche.

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