(MILANO) Cronologia ultimi anni

1999

* Gennaio 1999 sgomberi delle occupazioni di via Maroncelli e via Tartaglia
* Gennaio 1999 – 20,000 persone contro i CPT
* 24 Aprile 1999 corteo di studenti contro il consolato
* 25 Aprile 1999 tafferugli al consolato americano (ci saranno denunce)
* Settembre 1999 sgombero di Breda
* Seattle 1999 e la grande spinta positiva al movimento internazionale
* 31 Dicembre occupazione Bulk (via Niccolini)
* Anno scolstico 1999/2000 la fine dei movimenti studenteschi autorganizzati

2000

* Gennaio 2000 corteo contro il CPT di Via Corelli (scontri con le guardie)
* Gennaio 2000 sgombero Bulk  (Don Sturzo)
* 2 Marzo 2000 sgombero Metropolix (come andò veramente la resistenza? mi ricordo che fabri anni fa me ne parlò malissimo) (20 processati) – successive occupazioni e sgomberi
* 11 Novembre 2000 l’ultima manifestazione organizzata a milano (a livello realmente unitario) (ma é vero?)
* Dicembre 2000 Aggressione dei ciellini contro alcuni stud del CCS dirante una contestazione. Durante il corteo del 12 dicembre alcun* della RASC organizzano un blitz contro una sede di CL

2001

* 25 Aprile 2001 allontanamento fasci da piazzale loreto – Processo Antonio Elio Mario
* Maggio 2001 NoGlobalForum repressione durissima e torture alla caserma (come cazzo si chiama?)
* Luglio 2001 Genova NoG8 repressione inconcepibile, torture e massacri in piazza, alla Diaz, in questura. (in più la vendetta dei processi)
* 11 Settembre 2001 e il perfezionamento della repressione a livello internazionale
* Autunno 2001 sgombero GolaEst e Lagrange
* Autunno 2001 occupazione ORSo

2002

* via Adda – occupazione estate 2002 dopo una serie di violenti sgomberi di campi rom a milano
* Ottobre 2002 azione dei disobba alla CRI, scappando dalle guardie si rifugiano al Bulk senza preavviso. Ore di assedio terminano con l’autodenuncia di 3 o 4 disobba.

2003

* PRK 251 – occupazione Marzo 2003
* 16 Marzo 2003 assassinio di Dax e pestaggi al San Paolo
* 17 marzo 2003 corteo x Dax in ticinese, una grande potenzialità non organizzata che ha attraversato il quartiere senza lasciare traccia.
* Pestaggio notturno di un compagno su una macchina della DIGOS
* 22 Marzo 2003 corteo nazionale dopo la morte di Dax (la mattina i funerali a Rozzano). Piccoli scontri interni al corteo e alcuni danneggiamenti
* Teknocasa – occupazione 29 Marzo 2003
* Teknocasa – sgombero 29 Aprile 2003 (10 denunce)
* 25 Aprile 2003 piccoli momenti di conflittualità all’interno del corteo di movimento
* Malamanera – occupazione 4 Luglio 2003
* Reload 1 e Reload 2 – occupazioni e sgomberi Settembre/Ottobre 2003
* Casa Loca – Occupazione Ottobre 2003
* Ottagono – Occupazione e sgombero Autunno 2003
* 40/42 – occupazione nella notte tra l’11 e il 12 Dicembre

2004

* PRK 251 – sgombero Febbraio 2004
* PRK – occupazione in Via Paolo Sarpi e sgombero
* 40/42 – autosgombero primavera 2004
* 13 Marzo 2004 corteo nazionale e occupazione di viale Umbria
* 18 Marzo 2004 sgombero viale Umbria
* Marzo 2004 Arresti Marta Milo Fede e Orlando
* Via Adda – sgombero e deportazione 1 Aprile 2004 preparato dai media nelle settimane precedenti con una campagna di terrore. Una parte di città viene bloccata per consentire lo sgombero. L’esercito era nelle strade di milano, quella mattina.
* 25 Aprile 2004 piccola sassaiola al consolato americano
* 7 Agosto 2004 – raid fascista in ticinese – Malabestia e Conchetta
* 1 Ottobre 2004 tafferugli al libraccio di piazza Fontana alla fine di un corteo studentesco (denunce)
* 2 Ottobre 2004 corteo antifa dopo gli accoltellamenti estivi (volano schiaffi pesanti a dei compagni da parte di gentaglia che gode a praticare endosorveglianza)
* Attentati notturni al Cantiere e al Vittoria
* 11 Dicembre 2004 tafferugli al corteo studentesco per piazza Fontana

2005

* Gennaio 2005 attentato incendiario all’ORSo
* Febbraio 2005 attentato incendiario e devastazione al Vittoria (il giorno dopo banchetti di AN incendiati e corteo autorganizzato di alcune decine di stud verso il Vittoria)
* Marzo 2005 corteo squallidissimo per il secondo anniversario dell’omicidio di Dax
* Primavera 2005 aggressioni dei nazi in ticinese. La più eclatante fu quella al vicolo calusca, storico ritrovo di compagn*, quel giorno difeso da pochissime persone (fuggi fuggi generale davanti all’apparizione dei fasci)
* Occupazione dormitorio comunale di via Maggianico 22 Aprile 2005
* Il primo 25 Aprile a Milano da molto tempo senza un corteo di movimento. i "Compagni" organizzeranno un presidio in San Babila.
* Sgombero via Maggianico 17 Maggio 2005
* Occupazione via Verro 2 Giugno 2005
* Sgombero via Verro 2 Giugno 2005
* Occupazione via Maggianico 3 Giugno 2005
* Sgombero via Maggianico 3 Giugno 2005
* Malamanera – sgombero 19 Luglio 2005
* 31 Ottobre 2005 occupazione atrio università Statale (le lezioni non ci sono ovviamente durante il ponte, ma finito il ponte riprendono con relativa tranquillità nonostante i pochi sacchi a pelo)
* 16 Novembre 2005 occupazione via Lecco (migranti con l’aiuto dei disobba)
27 Dicembre 2005 sgombero via Lecco, dei disobba neanche l’ombra, durante la gelida nottata passata li davanti
* Bulk – Dicembre 2005 Occupazione via Piranesi
* Bulk – Dicembre 2005 Sgombero via Piranesi

2006

* Kasa – Occupazione inizio 2006
* 11 Febbraio corteo contro un presidio di FN in zona Ripamoni (seguiranno denunce)
* 11 Marzo 2006 il suicidio
* Maggio 2006 i fatti di via De Amicis, fermi e 2 arresti
* 17 Giugno 2006 corteo nazionale per la liberazione dei 25 arrestati l’11 Marzo, corteo preceduto da settimane allucinanti all’interno del (fu) movimento milanese
* Estate 2006 gli/le assolti dell’11 marzo vengono liberati, gli altri trasferiti ai domiciliari fino a Settembre
* 20 Giugno 2006 sgombero KASA
* 11 Ottobre 2006 sgombero ORSo

2007

* 17 Marzo 2007 occupazione auletta Statale
* 28 Aprile 2007 occupazione Volturno
* 26 Luglio 2007 sgombero Volturno
* Estate 2007 sgombero auletta Statale
* 20 Settembre 2007 sgombero Garibaldi
* 9 Ottobre 2007 schiaffi dai fasci in Statale e botte dalla polizia

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Considerazioni sul corteo di Vicenza

BREVI CONSIDERAZIONI SU  VICENZA

Scrivo queste brevi considerazioni per cercare di fare un po’ il punto della situazione, lo stato delle cose prima della pausa natalizia.

SUL CORTEO

Per me ha veramente poca importanza stare a fare la conta di quanti eravamo; ha più importanza in questo caso guardare alla qualità politica espressa, ai suoi significati ed ai suoi divenire.
Siamo stati meno di febbraio, la metà credo,  e nonostante questo è stato un corteo molto partecipato di decine di migliaia di persone;  la maggioranza dei partecipanti mi è parsa più territoriale che movimentista nazionale.

questo per dire che il lavorio dei comitati sul territorio circostante ( veneto in generale) qualcosa deve aver smosso.
Trattandosi però di un corteo lungamente lanciato come europeo i risultati sono stati inferiori alle aspettative.
Le motivazioni da questo punto di vista vanno ricercate sulle sponde aride di movimento ma di questo parlerò dopo.

e’ stato un corteo largamente  "pacificato e  rincoglionito" per usare l’espressione di un compagno che ho colto su una lista.  Più o meno una fotocopia più piccola del corteo di febbraio scorso, con la  variante che quel corteo era montato su una campagna pubblicitaria terroristica che aveva spinto molti a schierarsi mentre questo è passato quasi sotto silenzio.
(ho notato molto sdegno rispetto al silenzio dei media,  che non mi stupisce, mentre mi sorprende invece dopo così tanto tempo ancora lo stupore stupido di molti compagni su questi fatti – questo è un argomento su cui si potrebbe discutere)
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Frammenti di memoria #25

gioisco della decadenza dell’umanità
vani i tentativi di ingannarmi ancora
sarò punto di riferimento solo di me stesso
le vostre pene mentali vi accompagnino alla morte
avete bisogno di appoggio sentimentali
ammassatevi inermi nelle nebbie della valle
affogate nella melma e nel fango della piana
mai salirete tra i fieri eroi dell’atto distruttivo
sul vertice impeccabile di questo monte
cresciuto dalla terra spregiudicato ed insolente

 

Angry Brigade 

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Genova novembre 2007. Considerazioni


Ricevo e inoltro un documento scritto qualche giorno fa da alcuni compagn* di Genova. 
 
LORO PARLAVANO DI AZZERARE IL DEBITO
COME COSTRINGERLI AD AZZERARE TUTTE LE CONDANNE?


Sarebbe bello non dover perdere tempo a scrivere e dire nulla sulla manifestazione indetta il giorno 17 a Genova. Non perché questo vorrebbe dire che la manifestazione non ci sarebbe e con lei tutti i disobbedienti e compagnia cantante, ma perché saremmo occupati in qualcosa di più significativo, con disobba, pacifisti e partiti della sinistra radicale (radicale???!!!) relegati nell’angolo che a loro competerebbe: oggetto di discussione per governi sicuritari ed opposizioni altrettanto, specchietti per le allodole per stolti.
Sapremmo infatti, come in effetti dovremmo sapere, che per questi figuri era scontata la mossa della manifestazione (soprattutto in questo periodo in cui essi stessi hanno in ballo altre incombenze politiche da supportare), che nessun compagno rivoluzionario si sarebbe in qualche modo sentito di “doverci” essere, che avevamo costruito percorsi credibili e che altre iniziative,  lotte vere ed una gestione collettiva e di classe delle giornate del G8, portata avanti in questi anni, ci avrebbero permesso di dare segnali forti rispetto alla prossima sentenza.
Non è così, ma non ci piace fare finta di niente, metterci quindi nel calderone e ricominciare a dire che opportunisti, cogestori della repressione (anche a costo di far andare in galera qualcuno di loro in buona fede), concertatori su tutto, ancora una volta abbiano tentato di passare sulle nostre teste e su quelle di quanti e quante hanno determinato un’oggettiva rottura degli schemi dei “diritti” concesso da stato e capitale nei giorni del G8 di Genova.
Fanno il loro lavoro, ricoprono il ruolo scelto, non si vede perché dovrebbero fare altro. E non si vede perché si debba scendere su questo terreno, che, tra l’altro, non ci appartiene e quindi ci risulta ancor più spinoso rispetto alla pratica dei nostri reali bisogni.
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marzo settantasette. Uccidono Francesco.

francesco

ho guardato la morte negli occhi
ho provato a combatterla sulla piazza
con le barricate, le molotov, i sampietrini
ho amato ogni sasso tirato
ogni compagno con la faccia chiusa
come un’ostrica da un fazzoletto rosso
ho riso, sono stato triste, ho urlato, ho pianto
con tutti e come tutti
uno degli altri
e adesso Francesco é
ancora lí
morto
e non so piú cosa farci.

VENERDI’ 11

UCCIDONO FRANCESCO

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Chopin sulle barricate

Trascinato sulla strada
fra due barricate
si trova stupito
a suonar note
piú calde, piú dolci.
Il mogano lucido
circondato dal fumo
sporco dei lacrimogeni.
Ed uno strano pianista
deposti i sampietrini
suona imprevedibile
la sua serenata.
Sul suo capo
sassi e cose passano.
E una voce allarmata
oltre la barricata
piú in lá cento metri
"un pianoforte, attenti
puó essere nocivo".
Sorridono i compagni e la tensione cala
l’aria si fa piú dolce
sul legno lucente
si ammucchiano i pavé

Il pianoforte borghese
accompagna gli scontri
e si sorprende
piú giovane
in mezzo alla strada
guidato da un pianista
senza il frac.

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Quegli spari che uccisero il movimento a Milano

Questo articolo é una fotografia sfocata e un po’ mossa. Meglio, un autoscatto sugli ultimi giorni di movimento a Milano. Quel movimento di Circoli proletari giovanili, contro il lavoro nero, per nuovi spazi di socialitá, che s’era sviluppato in forme articolate tra il 1975 e il 1976.

Nel ’77 é giá finito, resta un’area di militanti incerti, frantumati, sul punto di rifluire o tentati dal "salto" alla lotta armata. Nella dinamica del corteo all’Assolombarda, il 12 marzo, nella discordia sul percorso e sugli obbiettivi, nella successione a scatti degli avvenimenti si dá a vedere l’impoverimento e la diaspora imminente. Si mostra in filigrana l’opposizione tra la violenza anche dura del movimento e il "discorso sulla guerra" che sará tipico delle organizzazioni combattenti.

Non eravamo rimasti in tanti a Milano, la gran parte degli autonomi se n’era andata dal giorno prima. L’appuntamento principale in quei giorni, per il movimento del ’77 tutto intero, era la grande manifestazione indetta a Roma. Ma, anche in pochi, avevamo deciso di manifestare lo stesso. La morte di un compagno a Bologna, le autoblindo chiamate da Zangheri per presidiare la cittá vetrina del comunismo italiano, la manifestazione di Roma ci imponevano, quasi ci obbligavano a dovere scendere in piazza.

Anche se pochi, c’eravamo tutti: i comitati di "Senza Tregua", quelli di "Rosso", spezzoni di Lotta Continua, il collettivo del Casoretto e i residui dei Circoli giovanili. Loro, i circoli, erano stati per tutto il ’76, fino alla battaglia-disfatta della Scala, il movimento egemone politicamente a Milano.

Il corteo quel 12 marzo del ’77 non aveva nulla di allegro e festoso. Facce lunghe, incazzate. Tascapani pieni di bottiglie, e sotto gli spolverini intuivi e sapevi di armi. In un centro della cittá assolutamente vuoto e pieno di paura il corteo si muoveva con lentezza in cerca di obiettivi.

Ma stavolta non si poteva trattare del supermarket da espropriare o delle solite guardie giurate da disarmare. Ci avevano ammazzato un compagno a Bologna e di fronte a ció tutto ci sembrava inadeguato.

Intanto, sopra le teste i soliti slogan pieni di rabbia e di rancore. Le mani di pochi in aria a simboleggiare la pistola.

Noi di "Rosso" si era arrivati poco preparati, i "migliori", con relativo equipaggiamento, erano via. Ma si poteva stare fuori da un corteo nel ’77? E allora dentro assieme agli altri.

C’era voluto un po’ a rintracciare i ragazzi di Baggio, quelli della Siemens, Chicco con Bovisa. Non c’era uno che non avesse il fazzoletto sul viso. E poi ogni tanto di corsa giú per la cerchia dei Navigli. Fino a dove?

All’altezza di corso Monforte il corteo si era fermato bruscamente. Risalimmo velocemente per raggiungere la testa. E lí davanti a noi c’era la prefettura completamente circondata da reparti dei carabinieri armati di Winchester. Tra i responsabili dei vari gruppi dell’autonomia un parlare sommesso. Ci chiesero se noi di "Rosso" eravamo d’accordo nell’assaltare la Prefettura, con qualsiasi mezzo.

Ci bastó un attimo per capire che tutta quell’illegalitá che tanto avevamo fatto perché fosse parte del movimento si stava per ritorcere contro il movimento stesso: l’uso della forza non era piú al servizio di una contrattualitá conflittuale e violenta, ma stava per diventare dominio esclusivo di chi volesse abbandonare ogni possibilitá di lavoro politico di massa per scegliere la linea del combattimento e della clandestinitá.

Ma a quell’illegallitá, in quel momento, subito, bisognava dare uno sbocco diverso dalla prefettura, ma ugualmente violento. Una "via di fuga" che permettesse a "Rosso" di interloquire ancora con quel poco di movimento che esisteva a Milano, evitando lo scontro micidiale con i carabinieri.

"Noi di "Rosso", vogliamo manifestare sotto l’Assolombarda, uno dei motivi per cui oggi siamo qui é la protesta degli operai della Marelli contro la ristrutturazione. Non siamo d’accordo per un attacco allo Stato, non é nell’interesse dell’autonomia". "Non li vedete i fucili dei caramba, é una pazzia!".

Un po’ di bestemmie, parolacce, spintoni. Finalmente il corteo reagí e si mosse. Era passata la parola d’ordine di andare all’Assolombarda.

Un respiro di sollievo e nella testa la netta sensazione di essere in un casino di portata colossale. Eravamo arrivati a un vicolo cieco. Come venirne fuori?

Ma giá eravamo di corsa per le strade in senso opposto, a sfuggire quello che la gran parte di noi quel giorno non aveva voluto. Noi di "Rosso" e quelli del Casoretto a tirare il gruppone. Finalmente davanti all’Assolombarda.

Contro quel palazzo vuoto e pieno di vetri ci scaricammo tutto quello che avevamo. Molotov a volontá, pistolettate e colpi di fucile. E i vetri della "casa dei padroni" venivano giú che era un piacere. "Brucia, ragazzo, brucia!", lo sentivamo dentro di noi. Poi via di corsa.


Si era consumato l’ultimo tentativo a Milano di legare la sovversione del movimento con gli spezzoni organizzativi dell’autonomia che da lí a poco sarebbero morti, stretti nella morsa di repressione e militarizzazione. Era l’ultimo corteo in cui si era mostrato il piú alto livello di scontro e persino di armamento senza l’attacco alle persone, agli uomini. Due mesi dopo, durante la manifestazione contro la repressione, fu ucciso l’agente Custrá: la linea di combattimento era passata all’interno del movimento.


Franco Tommei e Paolo Pozzi

(PRIMO MORONI/NANNI BALESTRINI – L’ORDA D’ORO – SugarCo 1988 )

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Il socialismo dal volto emiliano lascia il passo ai carri armati.

"Alla stazione, alle 7 di mattina, la polizia non era ancora arrivata, piú tardi una ventina di compagni scesi dal treno successivo verranno "sciolti" dalle forze dell’ordine.  Non appena ci siamo avvicinati al centro storico abbiamo visto i primi mezzi corazzati. Un M-113 di traverso sbarrava l’accesso a via Zamboni (nella zona dell’Universit), dietro si intravedono i reparti dei carabinieri con mitra spianati.

I funerali di Francesco si fanno in piazza della Pace, vicino allo stadio, nell’estrema periferia. Ci arriviamo con uno degli ultimi autobus prima dello sciopero. Ad ogni fermata salgono gruppi di studenti. Attorno a piazza Maggiore e nelle altre strade del centro sono schierati i reparti dei carabinieri, sui muri sono affissi gli avvisi del Prefetto che vietano "ogni assembramento".

In piazza ci sono giá migliaia di compagni: volti tesi, molti piangono. Rabbia e dolore, centinaia di pugni chiusi: il corteo funebre si avvia lentamente. "Dobbiamo metterci un’ora a fare la strada" dice con voce emozionata uno dei compagni che portano la bara, riferendosi alla provocazione di concedere solo trecento metri di percorso per il funerale. Gruppi di operai in tuta si uniscono, un vecchio partigiano, piangendo, mette sulla bara il suo fazzoletto dell’ANPI.

Ci si ritrova alle 14 nel quartiere proletario di S.Donato. All’entrata si schiera, in assetto di guerra, il battaglione "Padova" della PS. I compagni arrivano alla spicciolata, alla fine sono piú di 1500 su un prato.

L’elicottero della polizia sorvola a bassa quota e segnala la posizione degli "assembramenti". Il "Padova" si muove, la gente esce dai bar e dalle case e osserva agli incroci: era dal dopoguerra che S.Donato non veniva occupata militarmente. "La popolazione civile é invitata a tornare subito nelle case", ripete in continuazione un altoparlante della polizia: l’annuncio suona sinistro, il paragone con le truppe di occupazione naziste é immediato, ma la gente rimane sulla strada. I compagni decidono di sciogliersi e di andare in massa all’uscita delle fabbriche. Nella sezione di LC del quartiere si tiene una riunione di studenti medi: "compagni stringiamoci, cosí che tutti possano entrare, quelli che sono sulla strada si mettano sotto i cornicioni" dice qualcuno riferendosi all’elicottero che continua a ronzare in alto.

Davanti alle fabbriche ci sono molti studenti, alla Sasib siamo almeno 200; si formano grossi capannelli. Il confronto é serrato, molti degli operai che si fermano sono quadri del PCI, ma non ci sono solo loro. Si discute di tutto, di Bologna in stato d’assedio, delle "vetrine rotte dagli studenti", delle posizioni del PCI. L’elicottero avvista anche questo concentramento e compie molti giri a bassa quota. "Ecco contro chi lottiamo" dicono i compagni; qui ci si sente piú sicuri e si risponde con i gesti e con qualche slogan. "Vediamo se vengono a caricarci davanti alle fabbriche" dice uno studente e un altro aggiunge "aspettiamo che venga il buio per muoverci, cosí l’elicottero diventerá inutile".

Torniamo alla stazione, mentre centinaia di compagni cominciano a ritirarsi in piazza dell’Unitá. E’ questo un problema fondamentale: dove ritrovarci con l’Universitá chiusa e con la polizia che carica ogni gruppo di piú di cinque persone? Nessuno peró si tira indietro, tutti fanno politica in prima persona: con gli operai erano in molti a parlare, non i soliti militanti. Lo stato d’assedio é pesante, senza precedenti, ma la risposta – cosí ci sembrava discutendone sul treno – é buona, anche se ancora insufficiente. Per ora sono solo gli studenti a opporsi, gli altri stanno a guardare. Per questo motivo il movimento ieri non ha scelto la strada dello scontro frontale, ma é andato dagli operai a cercare una discussione.

Mentre aspettiamo il treno vediamo l’elicottero volteggiare ancora sulla piazza dietro la stazione dove sono i compagni. Bologna é oggi un banco di prova, Cossiga vorrebbe fare cosí in tutta Italia. Su quello che succede in questi giorni a Bologna ci sará da discutere molto e a lungo. "

Due compagni di Roma


(AA.VV. – CARE COMPAGNE CARI COMPAGNI LETTERE A LOTTA CONTINUA – EDIZ. LOTTA CONTINUA 1978).

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Le giornate di Marzo

"La mattina dell’11 marzo a Bologna, Comunione e Liberazione tiene un’assemblea all’Istituto di anatomia dell’Universitá. Sono presenti circa 400 persone. All’entrata dell’aula si presentano cinque studenti di Medicina riconosciuti come aderenti al movimento. Il servizio d’ordine dei cattolici li malmena e li scaraventa fuori dall’aula. La notizia del fatto si diffonde facendo accorrere gruppi di compagni. Mentre i ciellini si barricano all’interno dell’Istituto, intervengono sul luogo polizia e carabinieri con cellulari, camion e gipponi. Partono quasi subito i primi candelotti lacrimogeni. I compagni scappano verso porta Zamboni.

Nell’inseguimento i carabinieri cominciano a sparare. Dal gruppo inseguito parte una molotov che centra una jeep bruciandola. In via Mascarella un altro gruppo di compagni che si sta dirigendo verso l’Universitá incontra una colonna di carabinieri che immediatamente caricano.

Partono le prime raffiche di mitra, poi da una pistola calibro 9 partono in rapida successione 6-7 colpi. Lo sparatore é un carabiniere che indossa una divisa senza bandoliera e un elmetto con visiera; prende la mira con precisione, appoggiando il braccio su una macchina. Francesco Lorusso, 25 anni, militante di Lotta Continua, molto conosciuto nell’ambito del movimento bolognese, sente i primi colpi e si volta mentre corre con gli altri; viene colpito alla schiena trasversalmente. Sulla spinta della corsa percorre altri dieci metri e cade sul selciato, sotto il portico di via Mascarella. "

La voce che un compagno é stato ucciso si sparge rapidamente. La polizia si ritira in questura. Alle 13,30 Radio Alice trasmette alla cittá la notizia. Tutto il movimento si concentra all’universitá, si alzano barricate in tutte le vie d’accesso e mentre la libreria di Comunione e Liberazione "Terra Promessa" viene distrutta, ogni facoltá si riunisce in assemblea. Si organizzano i servizi d’ordine e si decide che l’obiettivo politico da colpire é la Dc. Dall’Universitá parte un imponente corteo.

In via Rizzoli cadono decine di vetrine. Nei pressi della sede Dc la polizia si scontra con la testa del corteo. La coda viene attaccata con un fitto lancio di lacrimogeni. Il corteo si scioglie e si disperde nelle stradine laterali. Folti gruppi si dirigono alla stazione occupando i primi binari e scontrandosi nuovamente con la polizia. Altri gruppi nel frattempo si riconcentrano nella zona Universitaria. Per procurarsi i viveri viene saccheggiato il ristorante di lusso Cantunzein.
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Marzo

Verso lo scontro


Alla fine del mese di febbraio il movimento sul piano nazionale é ormai esteso e ramificato anche nei piccoli centri di provincia. Moltissime sono le scuole medie superiori in stato di occupazione o di agitazione permanente dove si tentano forme di "autogestione" cioé di sperimentazione di uno studio collettivo sulle tematiche del movimento. A Roma i fascisti sparano ancora davanti a una scuola ferendo due studenti. A Torino, in risposta, un corteo del movimento attacca e incendia alcune sedi fasciste, nella polemica che ne segue con i militanti del Pci scoppiano risse e scontri. A Padova tutto l’ateneo é bloccato. A Perugia vengono occupate le facoltá umanistiche. Il 5 marzo c’é la manifestazione per Panzieri, un compagno che la sera prima era stato condannato a nove anni di galera per concorso morale nella morte di un fascista. Ecco la testimonianza di un compagno del movimento:
"Dopo la cacciata di Lama dall’universitá c’é un rilancio del movimento, una sua maggiore unitá e compattezza interna dovuta soprattutto al giudizio unanime dato sull’iniziativa provocatoria del Pci. É sulla base di questa compattezza che si riesce a promuovere un’occupazione a catena delle scuole. Per quanto riguarda i rapporti col Pci dentro l’universitá sono ormai limitate ad alcuni professori, che comunque mediano con noi del movimento. Di fatto peró le organizzazioni del Pci, come la Fgci e le cellule comuniste, non hanno piú nessuna possibilitá di parola all’universitá.
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