Le giornate di Marzo

"La mattina dell’11 marzo a Bologna, Comunione e Liberazione tiene un’assemblea all’Istituto di anatomia dell’Universitá. Sono presenti circa 400 persone. All’entrata dell’aula si presentano cinque studenti di Medicina riconosciuti come aderenti al movimento. Il servizio d’ordine dei cattolici li malmena e li scaraventa fuori dall’aula. La notizia del fatto si diffonde facendo accorrere gruppi di compagni. Mentre i ciellini si barricano all’interno dell’Istituto, intervengono sul luogo polizia e carabinieri con cellulari, camion e gipponi. Partono quasi subito i primi candelotti lacrimogeni. I compagni scappano verso porta Zamboni.

Nell’inseguimento i carabinieri cominciano a sparare. Dal gruppo inseguito parte una molotov che centra una jeep bruciandola. In via Mascarella un altro gruppo di compagni che si sta dirigendo verso l’Universitá incontra una colonna di carabinieri che immediatamente caricano.

Partono le prime raffiche di mitra, poi da una pistola calibro 9 partono in rapida successione 6-7 colpi. Lo sparatore é un carabiniere che indossa una divisa senza bandoliera e un elmetto con visiera; prende la mira con precisione, appoggiando il braccio su una macchina. Francesco Lorusso, 25 anni, militante di Lotta Continua, molto conosciuto nell’ambito del movimento bolognese, sente i primi colpi e si volta mentre corre con gli altri; viene colpito alla schiena trasversalmente. Sulla spinta della corsa percorre altri dieci metri e cade sul selciato, sotto il portico di via Mascarella. "

La voce che un compagno é stato ucciso si sparge rapidamente. La polizia si ritira in questura. Alle 13,30 Radio Alice trasmette alla cittá la notizia. Tutto il movimento si concentra all’universitá, si alzano barricate in tutte le vie d’accesso e mentre la libreria di Comunione e Liberazione "Terra Promessa" viene distrutta, ogni facoltá si riunisce in assemblea. Si organizzano i servizi d’ordine e si decide che l’obiettivo politico da colpire é la Dc. Dall’Universitá parte un imponente corteo.

In via Rizzoli cadono decine di vetrine. Nei pressi della sede Dc la polizia si scontra con la testa del corteo. La coda viene attaccata con un fitto lancio di lacrimogeni. Il corteo si scioglie e si disperde nelle stradine laterali. Folti gruppi si dirigono alla stazione occupando i primi binari e scontrandosi nuovamente con la polizia. Altri gruppi nel frattempo si riconcentrano nella zona Universitaria. Per procurarsi i viveri viene saccheggiato il ristorante di lusso Cantunzein.

Durante gli scontri Radio Alice fa la cronaca in diretta: "… ricordiamo dunque che di tutti i fatti avvenuti oggi a Bologna, fatti che la televisione e la radio mettono in evidenza, come l’incendio dell’ufficio del "Resto del Carlino", dei due commissariati di Polizia, dell’ufficio della Fiat; come quello della sede del negozio di Luisa Spagnoli, che é un negozio appunto che vive sulla pelle delle carcerate, facendo fare dei lavori appunto, per fare dei prodotti di alta moda, di tutte queste cose, degli scontri di via U. Bassi, di cui i compagni non sono responsabili, come negli scontri che sono avvenuti perché la polizia ha cercato di sgomberare la stazione, di tutto questo, tutti i compagni prendono la piena responsabilitá. Tutti facevano parte di questo gigantesco servizio d’ordine che si é deciso di fare, collettivo preparandosi con bottiglie molotov, preparate tutti insieme all’universitá, oggi nel primo pomeriggio; tutti insieme abbiamo preparato le bottiglie; tutti insieme abbiamo disfatto il pavimento dell’Universitá per procurarci i sanpietrini; tutti insieme, eravamo tutti con le bottiglie incendiarie, con i sanpietrini in tasca, perché quella di oggi era una manifestazione violenta, era una manifestazione che tutti avevamo scelto di fare violenta, senza avere un servizio d’ordine, senza gruppetti isolati di provocatori, di autonomi, che facevano delle azioni, perché tutti i compagni hanno partecipato a tutte le azioni che si sono svolte oggi … ".

Nel tardo pomeriggio le federazioni bolognesi del Pci e della Fgci distribuiscono un volantino:

"… Una nuova grave provocazione é stata messa in atto oggi a Bologna. Essa ha preso il via da un’inammissibiie decisione di un gruppo della cosiddetta Autonomia di impedire l’assemblea di CL e da gravi interventi da parte delle forze di polizia. Di fronte a una situazione di tensione nella quale ancora una volta é emerso il ruolo di intimidazione e di provocazione dei gruppi neosquadristici, si é intervenuto con l’uso di armi da fuoco da parte di agenti di PS e dei carabinieri… dev’essere isolata e battuta la logica della provocazione e della violenza che piú che mai é al servizio della reazione. Da tempo nella nostra cittá ristretti gruppi di provocatori, ben individuati, hanno agito all’interno di questa precisa logica".

Gli echi degli scontri di Bologna si propagano in tutta Italia. A Roma, dove il movimento é impegnato nella preparazione della manifestazione indetta per il 12 marzo, il clima diventa molto caldo, come racconta un testimone: "L’11 marzo tutta l’Universitá di Roma era una fabbrica di bottiglie molotov. I compagni erano determinati a fare casino. C’erano le riunioni dei vari servizi d’ordine delle facoltá che discutevano gli obiettivi. Il giorno prima a Bologna i carabinieri avevano ammazzato un compagno, Francesco Lorusso, per cui la situazione era davvero pesante.

Il concentramento era a piazza Esedra. A un certo punto la gente che arrivava era talmente tanta che non c’entrava piú. Migliaia di compagni erano arrivati da tutte le parti d’Italia con treni speciali, pullman e auto private. All’appuntamento alcuni erano arrivati con le loro bocce personali, peró il grosso era giá stato preparato e organizzato, e ricordo che l’indicazione era quella di preparare le molotov anche per tutti quelli che arrivavano da fuori Roma. Alla fine, nonostante tutte quelle che sono state tirate, di bocce ne sono avanzate a quintali.

La polizia bloccava via Nazionale, a intermittenza si alzavano i boati degli slogan contro il governo, la polizia e i carabinieri. Alle quattro del pomeriggio é cominciata la trattativa con la questura per il percorso del corteo. Ovviamente la polizia aveva l’ordine tassativo di non farci passare nel centro della cittá. Alla fine il percorso viene concordato e il corteo parte imboccando via Cavour. C’era una tensione indescrivibile, un clima cupo. La cittá era deserta, i negozi chiusi, il traffico era stato deviato. Ha cominciato a piovere, qualcuno dalle finestre dei palazzi ci lanciava giú dei sacchetti di plastica per ripararci. I servizi d’ordine dell’universitá erano in continuo collegamento tra loro, avevano delle moto, delle ricetrasmittenti, e noi eravamo guidati da loro, ci sentivamo in un qualche modo protetti, peró nello stesso tempo anche espropriati di quella funzione militare che il 5 marzo avevamo potuto esprimere direttamente.

A un certo punto il corteo si é fermato nel silenzio piú assoluto per circa cinque minuti. Tutti erano tesissimi perché sapevano che sarebbe successo il casino. In quel momento un gruppone si stacca dal corteo e raggiunge piazza del Gesú dove c’é la sede della Dc presidiata dalla polizia. Sono partite le molotov e in risposta la polizia ha cominciato a sparare i lacrimogeni. Poi si sono sentiti dei colpi di pistola, delle urla, dei botti. Il fumo irrespirabile ha riempito l’aria e non si riusciva a vedere piú niente, due poliziotti sono caduti feriti alle gambe. La polizia ha caricato con maggiore decisione e il corteo si é diviso in due tronconi. Botteghe oscure, la sede del Pci, era fuori dai nostri obiettivi, c’erano dei cordoni del servizio d’ordine del movimento che chiudevano l’accesso alla strada. Quelli del Pci avevano il loro, ma non c’é stata nessuna frizione, anche perché hanno capito che con l’aria che tirava non era proprio il caso. Dentro loro erano sicuramente pronti, peró fuori stavano in pochi, di quelli con la faccia giusta, insomma i pistoleros..

A piazza Argentina vengono alzate delle barricate e da questo momento gli scontri e le sparatorie si susseguono in tutto il centro per ore e ore. Il troncone principale passa davanti al ministero di Grazia e Giustizia. Partono altre molotov e scambi di colpi d’arma da fuoco con i poliziotti asserragliati all’interno.

Sul lungotevere i due tronconi del corteo si sono ricongiunti e nel percorso verso piazza del Popolo é successo di tutto. Non é rimasta praticamente una vetrina in piedi, sono stati attaccati due posti di polizia, l’ambasciata cilena al Vaticano, la redazione del "Popolo", la sede della Gulf, un numero imprecisato di banche, una concessionaria della Fiat.

La polizia stava dall’altra parte del Tevere, si preoccupava soprattutto di presidiare il carcere di Regina Coeli. Era giá buio e contro il carcere sono partiti dei colpi d’arma da fuoco. Proprio in quel punto c’é stato l’assalto a un’armeria, sono state portate fuori le armi, fucili e pistole.

Vedo l’immagine di un compagno che esce dall’armeria con un fucile, lo carica, attraversa la strada, appoggia la canna sul muretto e scarica tutti i colpi contro il carcere che stava dall’altra parte del Tevere, lí di fronte.

C’era pure uno con un fucile da sub preso nella stessa armeria che ha tirato una fiocinata in direzione della polizia che stava al di lá del fiume. A ogni ponte si facevano le barricate e si tiravano le molotov a grappoli. C’era chi sparava ma anche la polizia sparava, sparavano un po’ tutti. Ci sono stati tantissimi feriti quel giorno, da tutte due le parti. -Sul lungotevere c’era chi tentava di fare dei cordoni sui lati della strada per cercare d’impedire che certi gruppi sfasciassero tutte le macchine posteggiate. C’é stata poi una polemica molto dura su questi fatti. C’erano forse centomila persone e tra questi c’erano anche quelli che sfasciavano tutto.

A piazza del Popolo l’aria era irrespirabile, la polizia non c’era, era un fantasma che rimaneva a distanza sparando ininterrottamente lacrimogeni. Dietro i muretti c’erano le fiamme che si alzavano. Un grosso gruppo ha dato l’assalto alla sede del comando dei carabinieri, hanno tirato un sacco di bocce e poi hanno cominciato a sparare colpi di fucile e di pistola contro la porta e il muro. Piú in lá é stato dato fuoco a un bar che era il punto di ritrovo dei fascisti".

Dopo gli incidenti di Roma, gli studenti si riuniscono in assemblea un po’ ovunque. Un giovane autonomo milanese, presente alla manifestazione di Roma, racconta la sua esperienza davanti a una platea di studenti della Statale sgomenta:

"A Roma era un inferno. A un certo punto ci siamo trovati di fronte a un folto gruppo di carabinieri armati solo di mitra e con addosso i giubbotti antiproiettile. E qui alcuni compagni hanno aperto il fuoco. Lasciamo a dopo le valutazioni. Io vi dico solo che era necessario."

(Citato in “la Repubblica”, 15-3-1977)

A Bologna, la mattina del 13 marzo mille carabinieri armati fino ai denti e coperti da carri blindati occupano militarmente la zona Universitaria che da due giorni era nelle mani del movimento. L’Universitá é deserta, all’interno vengono rinvenuti fucili da caccia, munizioni, molotov, armi improprie. Per tutta la giornata i carabinieri fanno irruzioni in luoghi pubblici del movimento sfasciando tutto e sequestrando ció che trovano. Piú tardi partono le perquisizioni nelle case private, vengono arrestate 41 persone, fermate un centinaio. Dall’11 marzo a Bologna gli arrestati sono 131. Il giorno successivo 14 marzo, continua per tutta la giornata lo stato d’assedio della cittá da parte dei carabinieri e della polizia. Il prefetto vieta il corteo per il funerale di Francesco Lorusso. A Roma intanto un decreto prefettizio vieta ogni manifestazione per i successivi quindici giorni. Il ministro degli interni Cossiga dichiara: "… i nostri tupamaros si devono convincere che non c’é assolutamente spazio per la loro follia…". Il 12 marzo a Milano durante un corteo del movimento una violenta sparatoria manda in frantumi i vetri della sede dell’Assolombarda. Attentati e scontri si erano verificati in molte altre cittá d’Italia. La mattina dello stesso giorno a Torino le "Brigate combattenti" avevano ucciso un brigadiere dell’ufficio politico della questura.

Settori rilevanti del Movimento esprimono esplicita simpatia per le azioni armate. A fianco delle organizzazioni combattenti piú consolidate si costituisce una galassia mobile e informale di micro-organizzazioni che diffondono le pratiche armate dalle metropoli ai centri piú periferici privilegiando l’attacco non tanto al "cuore dello Stato" quanto alle figure che costituiscono "l’articolazione del comando capitalistico sui territorio".

(PRIMO MORONI/NANNI BALESTRINI – L’ORDA D’ORO – SugarCo 1988 )

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