Il socialismo dal volto emiliano lascia il passo ai carri armati.

"Alla stazione, alle 7 di mattina, la polizia non era ancora arrivata, piú tardi una ventina di compagni scesi dal treno successivo verranno "sciolti" dalle forze dell’ordine.  Non appena ci siamo avvicinati al centro storico abbiamo visto i primi mezzi corazzati. Un M-113 di traverso sbarrava l’accesso a via Zamboni (nella zona dell’Universit), dietro si intravedono i reparti dei carabinieri con mitra spianati.

I funerali di Francesco si fanno in piazza della Pace, vicino allo stadio, nell’estrema periferia. Ci arriviamo con uno degli ultimi autobus prima dello sciopero. Ad ogni fermata salgono gruppi di studenti. Attorno a piazza Maggiore e nelle altre strade del centro sono schierati i reparti dei carabinieri, sui muri sono affissi gli avvisi del Prefetto che vietano "ogni assembramento".

In piazza ci sono giá migliaia di compagni: volti tesi, molti piangono. Rabbia e dolore, centinaia di pugni chiusi: il corteo funebre si avvia lentamente. "Dobbiamo metterci un’ora a fare la strada" dice con voce emozionata uno dei compagni che portano la bara, riferendosi alla provocazione di concedere solo trecento metri di percorso per il funerale. Gruppi di operai in tuta si uniscono, un vecchio partigiano, piangendo, mette sulla bara il suo fazzoletto dell’ANPI.

Ci si ritrova alle 14 nel quartiere proletario di S.Donato. All’entrata si schiera, in assetto di guerra, il battaglione "Padova" della PS. I compagni arrivano alla spicciolata, alla fine sono piú di 1500 su un prato.

L’elicottero della polizia sorvola a bassa quota e segnala la posizione degli "assembramenti". Il "Padova" si muove, la gente esce dai bar e dalle case e osserva agli incroci: era dal dopoguerra che S.Donato non veniva occupata militarmente. "La popolazione civile é invitata a tornare subito nelle case", ripete in continuazione un altoparlante della polizia: l’annuncio suona sinistro, il paragone con le truppe di occupazione naziste é immediato, ma la gente rimane sulla strada. I compagni decidono di sciogliersi e di andare in massa all’uscita delle fabbriche. Nella sezione di LC del quartiere si tiene una riunione di studenti medi: "compagni stringiamoci, cosí che tutti possano entrare, quelli che sono sulla strada si mettano sotto i cornicioni" dice qualcuno riferendosi all’elicottero che continua a ronzare in alto.

Davanti alle fabbriche ci sono molti studenti, alla Sasib siamo almeno 200; si formano grossi capannelli. Il confronto é serrato, molti degli operai che si fermano sono quadri del PCI, ma non ci sono solo loro. Si discute di tutto, di Bologna in stato d’assedio, delle "vetrine rotte dagli studenti", delle posizioni del PCI. L’elicottero avvista anche questo concentramento e compie molti giri a bassa quota. "Ecco contro chi lottiamo" dicono i compagni; qui ci si sente piú sicuri e si risponde con i gesti e con qualche slogan. "Vediamo se vengono a caricarci davanti alle fabbriche" dice uno studente e un altro aggiunge "aspettiamo che venga il buio per muoverci, cosí l’elicottero diventerá inutile".

Torniamo alla stazione, mentre centinaia di compagni cominciano a ritirarsi in piazza dell’Unitá. E’ questo un problema fondamentale: dove ritrovarci con l’Universitá chiusa e con la polizia che carica ogni gruppo di piú di cinque persone? Nessuno peró si tira indietro, tutti fanno politica in prima persona: con gli operai erano in molti a parlare, non i soliti militanti. Lo stato d’assedio é pesante, senza precedenti, ma la risposta – cosí ci sembrava discutendone sul treno – é buona, anche se ancora insufficiente. Per ora sono solo gli studenti a opporsi, gli altri stanno a guardare. Per questo motivo il movimento ieri non ha scelto la strada dello scontro frontale, ma é andato dagli operai a cercare una discussione.

Mentre aspettiamo il treno vediamo l’elicottero volteggiare ancora sulla piazza dietro la stazione dove sono i compagni. Bologna é oggi un banco di prova, Cossiga vorrebbe fare cosí in tutta Italia. Su quello che succede in questi giorni a Bologna ci sará da discutere molto e a lungo. "

Due compagni di Roma


(AA.VV. – CARE COMPAGNE CARI COMPAGNI LETTERE A LOTTA CONTINUA – EDIZ. LOTTA CONTINUA 1978).

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