Marzo

Verso lo scontro


Alla fine del mese di febbraio il movimento sul piano nazionale é ormai esteso e ramificato anche nei piccoli centri di provincia. Moltissime sono le scuole medie superiori in stato di occupazione o di agitazione permanente dove si tentano forme di "autogestione" cioé di sperimentazione di uno studio collettivo sulle tematiche del movimento. A Roma i fascisti sparano ancora davanti a una scuola ferendo due studenti. A Torino, in risposta, un corteo del movimento attacca e incendia alcune sedi fasciste, nella polemica che ne segue con i militanti del Pci scoppiano risse e scontri. A Padova tutto l’ateneo é bloccato. A Perugia vengono occupate le facoltá umanistiche. Il 5 marzo c’é la manifestazione per Panzieri, un compagno che la sera prima era stato condannato a nove anni di galera per concorso morale nella morte di un fascista. Ecco la testimonianza di un compagno del movimento:
"Dopo la cacciata di Lama dall’universitá c’é un rilancio del movimento, una sua maggiore unitá e compattezza interna dovuta soprattutto al giudizio unanime dato sull’iniziativa provocatoria del Pci. É sulla base di questa compattezza che si riesce a promuovere un’occupazione a catena delle scuole. Per quanto riguarda i rapporti col Pci dentro l’universitá sono ormai limitate ad alcuni professori, che comunque mediano con noi del movimento. Di fatto peró le organizzazioni del Pci, come la Fgci e le cellule comuniste, non hanno piú nessuna possibilitá di parola all’universitá.

All’ultimo momento, quando tutti i compagni del movimento sono giá mobilitati, si viene a sapere che la manifestazione per Panzieri non é autorizzata. La polizia, schierata massicciamente sul piazzale delle Scienze davanti all’Universitá, perquisisce e minaccia chiunque si avvicini, ma ormai dentro ci sono migliaia di compagni. Cominciano le trattative per concordare un percorso, ma la polizia é irremovibile e intima che nessun corteo deve partire. Poi improvvisamente i carabinieri caricano sparando lacrimogeni ad altezza d’uomo. Cominciano subito gli scontri davanti all’Universitá, ma il grosso del corteo é giá passato da un’uscita laterale e ha raggiunto il centro. Lí il corteo si spezza in vari tronconi che percorrono tutti i quartieri di Roma.

Gli scontri si susseguono, e c’é un salto di qualitá, nel senso che tutti vogliono parteciparvi, senza delegare alle strutture classiche dei servizi d’ordine i compiti militari. Per questo credo che il 5 marzo sia stata la manifestazione piú bella del ’77, per la partecipazione, per la gestione di massa, per il rifiuto della delega che c’é stato durante gli scontri. Alla fine siamo riusciti a spiazzare completamente la polizia disperdendoci per le strette vie del centro storico dove le camionette si muovevano con difficoltá.  

In quell’occasione Radio Cittá Futura ha funzionato per la prima volta da tam-tam, comunicando i luoghi degli scontri, la dislocazione della polizia. La gente riceveva con le radioline, telefonava, ci si scambiava le informazioni su come andavano le cose, gli scontri. C’erano i compagni che sabotavano i semafori per creare degli ingorghi, una grande creativitá spontanea.

Dopo Lama il movimento si é trovato di fronte a un attacco frontale da parte del Pci e della stampa che attaccava, denigrava e spingeva alla criminalizzazione. La versione ufficiale era che il movimento provocava gli scontri perché era fatto di una massa di disperati, senza nessun progetto razionale, senza nessuna speranza di uno sbocco politico, per cui l’unica cosa che poteva fare era spaccare tutto. Ma il movimento non aveva a priori una volontá di scontro, aveva la volontá di affermare il diritto di poter fare quello che stava facendo, per cui di fronte alla polizia che rompeva i coglioni, che reprimeva con metodo scientifico, che massacrava i compagni appena poteva, lo scontro era una necessitá per sopravvivere. In quei giorni andare all’Universitá era come andare in prima linea, eravamo sempre accerchiati, assediati, non avevamo spazio di libertá, di agibilitá politica. Il movimento allora non andava allo scontro perché lo vedeva inserito in un progetto politico predeterminato, ma per la necessitá di tenere aperti gli spazi fisici e politica indispensabili alla pratica del suo programma differenziato, un programma fatto di cose pratiche, vissute nel quotidiano, che puntavano a far crescere e a diffondere la trasformazione. Ci incazzavamo col poliziotto, col carabiniere prima di tutto perché ci impediva di esprimerci.

Il discorso sul ’77 é complicato. Tutti quelli che non erano del movimento si chiedevano: ma questi che linea politica hanno, dove sta, in cosa sta? Ecco, secondo me una linea politica in questo senso, come cercavano di vederla loro attraverso gli schemi della politica tradizionale, il movimento non ce l’aveva proprio. Nel progetto politico del movimento discutere del femminismo, degli operai, della crisi economica, dell’ecologia, dei massimi e dei minimi sistemi era un tutt’uno, in quella situazione cosi ribollente tutto aveva la stessa importanza. Si aveva la sensazione che si poteva cambiare tutto, che si stava trasformando tutto e che niente doveva essere risparmiato alla critica e alla discussione.

All’interno dell’Universitá occupata c’erano assemblee sui temi piú diversi, per esempio a Economia in quei giorni c’era l’assemblea degli omosessuali che metteva in discussione il linguaggio dei compagni, contestando per esempio l’uso di espressioni tipo "vaffanculo", che per loro erano un insulto, un’offesa. C’erano miriadi di situazioni, di collettivi che si inventavano le cose piú strane e diverse, e nessuno si sognava di andare lí a dire che quelle cose non erano importanti, che erano secondarie rispetto ad altre ecc. "

Nei giorni successivi il Pci fa un’autocritica ammettendo che all’interno del movimento "é presente una larga componente impegnata per una riforma dell’universitá e per il rinnovamento del paese" anche se "accanto ad essa vi sono settori che conducono una battaglia priva di sbocchi". Inoltre per il Pci i fatti di Lama dimostrano "che uno squadrismo di tipo nuovo si va organizzando". Con lo slogan "Ci hanno cacciato dall’universitá ora ci prendiamo la cittá" piú di 30.000 aderenti al movimento sfilano per le strade di Roma. Nei giorni successivi si prepara l’assemblea nazionale delle facoltá occupate e in agitazione che si concludera con la decisione di organizzare per il 12 marzo a Roma una grande manifestazione nazionale di lotta contro l’attacco al reddito proletario e all’occupazione, contro il regime del lavoro salariato, per la ripresa della lotta operaia e l’organizzazione autonoma degli operai, degli studenti, dei disoccupati e di tutti gli sfruttati.

Il 7 marzo si apre a Firenze la Conferenza nazionale della Federazione lavoratori metalmeccanici la quale prende l’iniziativa di invitare al confronto delegazioni di studenti delle facoltá in lotta. É un atto coraggioso che dimostra quanto la politica dell’Flm sia piú lungimirante di quella degli stessi vertici confederali nel ricercare la ricucitura dello strappo tra il nuovo movimento e gli istituti storici del Movimento Operaio. Nel dibattito che proseguirá per tre giorni emerge una dura e schietta autocritica da parte del sindacato per non essere stato in grado di affrontare nei tempi e nei modi giusti i problemi posti sul tappeto dal movimento studentesco e giovanile. Nonostante la buona volontá di ricercare una soluzione di rapporto tra le due parti a confronto, questa occasione non segnerá una fuoriuscita dalle separazioni di logica e di intenzione con cui affrontare forme e contenuti delle lotte.


A Padova intanto la polizia interviene a sgomberare la facoltá occupata. In risposta gruppi di studenti mettono a soqquadro gli studi dei baroni universitari individuati come i mandanti dell’operazione di sgombero.

L’8 marzo, festa della donna, vede una partecipazione massiccia in tutte le cittá d’Italia del movimento femminista che nello sfilare per strade e piazze ribadisce l’autonomia del proprio movimento non solo da partiti e istituzioni ma anche dallo stesso movimento degli studenti. Nei giorni successivi a Roma fervono i preparativi per l’organizzazione della manifestazione nazionale del movimento fissata per il 12 marzo. Ma la vigilia di questo importante appuntamento sará funestata dalla morte di Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua ucciso a Bologna da un carabiniere durante scontri scoppiati nella zona Universitaria.

(PRIMO MORONI/NANNI BALESTRINI – L’ORDA D’ORO – SugarCo 1988 )

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