Rappresaglia e redenzione

Giro un documento sulle condanne richieste per gli scontri del G8 di Genova trovato qua:

http://liguria.indy.ortiche.net/node/165

 

Rappresaglia e Redenzione

Rileggiamo attentamente alcuni passaggi della requisitoria con cui i PM hanno chiesto 25 condanne da 6 a 16 anni, per un totale di 225 anni, cioè oltre due secoli:

PM dott. Canciani: «Io forse chiederei a voi tutti, una volta accertata la responsabilità delle persone, di avere il coraggio di chiamare le cose che abbiamo visto con il loro nome, come avremo il coraggio di chiamare massacro quello che è avvenuto alla scuola Diaz. Il PM non chiede pene esemplari, perché si potrebbero dare quando vi è un ampia scelta per il tribunale di muoversi tra un minimo e un massimo. Credo che il legislatore vi abbia tolto dall'imbarazzo, perché se riterrete di chiamare i fatti con il nome che merita, il legislatore ha stabilito una pena minima di 8 anni. […] Non delle pene esemplari ma delle pene severe, e speriamo che analoga severità vengano usate in altri processi, perché l'interesse comune è che quello che è avvenuto nel 2001 a Genova non accada mai più».

La prima, piccola, considerazione riguarda il passaggio sul blitz alla scuola Diaz:

se Canciani avesse veramente voluto chiamare le cose con il proprio nome, allora l’episodio della Diaz non andrebbe chiamato semplicemente “massacro”, ma col suo nome vero: rappresaglia, o ritorsione. Una ritorsione, decisa a tavolino nella Questura di Genova dai vertici della polizia italiana, contro chi, per tre giorni, si è permesso di alzare la voce, criticare e resistere, con i mezzi disponibili nelle strade, a quell’ordine che l’attuale sviluppo del neoliberismo sta imponendo ovunque sul pianeta. Questa critica si è dimostrata intollerabile, perchè rivolta verso quanto di più sacro vi sia per l’attuale ordine mondiale (di cui l’Italia è un portabandiera, seppure modesto): la proprietà.
Qualche macchina bruciata, qualche vetrina infranta, qualche banca distrutta insieme ad un paio di distributori di benzina sono il peggiore affronto all’ordine ed alla pubblica sicurezza che si possa immaginare, mentre le guerre per il possesso delle risorse (non solo quelle materiali), le operazioni di polizia internazionale e di “peace & law enforcement”, condotte e pianificate da eserciti di mercenari (attualmente, soltanto in Iraq, sono stimati almeno 48.000 mercenari combattenti), servono per mettere noi, i cittadini onesti, laboriosi e amanti della libertà, al riparo da quei nemici della società che odiano il nostro benessere e le nostre virtù.
L’offensiva portata avanti da alcune migliaia di persone nelle strade di Genova meritava una risposta decisa, questa si veramente esemplare, che rimettesse in chiaro innanzitutto che gli spazi di libertà, strappati al tardocapitalismo solo per alcune ore nelle strade di una città, si pagano, e sempre con gli interessi. La seconda risposta è molto più semplice: la polizia, in crisi di legittimazione dall’alto –il governo– e dal basso –i cittadini seri, quelli che producono–, doveva fornire dei numeri che dimostrassero che manteneva il controllo della situazione, che qualcuno avrebbe pagato caramente. Questa necessità di produrre dei numeri si è realizzata nei 93 arrestati della Diaz, accusati pure loro, all’epoca, di concorso in devastazione e saccheggio.
È stata una rappresaglia, gestita con la garanzia e la sicurezza dell’impunità dei suoi protagonisti, i quali, forse troppo sicuri, l’hanno però realizzata in maniera talmente maldestra e approssimativa (si pensi all’intera vicenda delle due bottiglie molotov fino alla loro scomparsa, alle recenti confessioni…) da rendersi indifendibili persino da parte dei loro protettori e referenti, e quindi scaricati (come delle mele marce).

La seconda considerazione da fare sulle parole del PM è la seguente: non si tratta di pene semplicemente severe, come i due PM vorrebbero farci credere, ma di pene esemplari. Non si tratta infatti di punire un semplice danneggiamento, un incendio, una resistenza eccetera, ma si tratta in questo caso di colpire la libertà di 25 persone per educarne molte altre. Lo dice lo stesso signor Canciani: “quello che è successo a Genova non deve mai più accadere”, e se vi azzardate di nuovo –si potrebbe aggiungere- questo è ciò che vi spetta.
Forse i due PM pensano che una pena esemplare sia il pubblico supplizio, e che 225 anni di carcere rappresentino solo la severità della giustizia. Ma la sola differenza tra il supplizio e 16 anni (pena massima richiesta per un dimostrante) di carcere, è nella pubblica esposizione del corpo del condannato, che nel secondo caso, quello che ci riguarda, non è previsto. Mancherà lo spettacolo, questa volta ne faremo a meno.
Questa richiesta di condanna è insieme perfettamente moderna e un salto indietro di tre secoli. È moderna perché attraverso la certezza della punizione pretende di farci desistere dal tornare in piazza, garantendo ai cittadini operosi, in caso contrario, che ancora una volta saremo riconosciuti, processati, condannati, puniti severamente e infine rieducati, o disciplinati. È antica perché è una “dissimulazione burocratica della pena”, perché il supplizio, seppure nascosto tra le mura di un carcere, sorpassa infinitamente il delitto per cui i 25 sono accusati.
Ma tra lo spettacolo del supplizio e la certezza di essere puniti non esiste alcun compromesso accettabile, ma una sola strada percorribile: la distruzione di tutte le carceri.

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Un avvocato della difesa, ha definito l'accusa "indegna": «Siamo scandalizzati dalle richieste – ha detto all'uscita dall'udienza di oggi – 16 anni si chiedono per gli omicidi». L’alibi è che parlava a caldo, e con dei giornalisti. Comunque, questo avvocato può continuare a dormire tranquillo, è probabile che le condanne saranno lievemente inferiori rispetto a quanto richiesto.

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