La cacciata di Lama dall’università: testimonianze #2

Una militante della Fgci:

"Noi della Fgci prima della giornata di Lama avevamo fatto una riunione in cui si era discusso su come intendevamo quella scadenza. Noi vivevamo l'occupazione dell'universitá, e piú in generale 1'esistenza stessa del movimento come una grande provocazione a cui dovevamo dare una risposta. Noi all'universitá non avevamo mai avuto vita facile perché aggregavamo pochissima gente e perché c'era sempre stata una grande conflittualitá, con i militanti dei gruppi in una prima fase e con la gente del movimento poi. Indubbiamente consideravamo il movimento come il nemico. All'interno del Pci questa storia del movimento la vivevamo, il partito ce la faceva vivere come una cosa che metteva in discussione la democrazia, la responsabilitá delle masse ecc.

Il movimento noi lo intendevamo come un aggregato confuso di giovani fatto un po' sull'onda delle mode estremiste, impregnato di cultura estremista e anticomunista. Un movimento di giovani in cui quello che spiccava era l'irrazionalitá. All'interno del Pci si credeva alla distinzione tra autonomia operaia come componente specifica di gruppi piú o meno organizzati e il resto del movimento. Questa é una cosa che abbiamo capito dopo, ed é stato un grave errore perché questa incomprensione ha permesso di regalare quasi tutto il movimento alle frange dell'autonomia.

Ricordo la grossissima manifestazione del 12 marzo, che noi del partito abbiamo visto dai marciapiedi: era una cosa impressionante, era un corteo enorme, erano davvero tanti. Le manifestazioni del movimento, indipendentemente da quello che si diceva in sezione, mi suggestionavano molto perché vedevo tutti quei giovani come me, soltanto ideologicamente diversi, che sfilavano a migliaia e migliaia gridando slogan bellissimi, riusciti, pieni di carica. Tutto questo ti faceva un grosso effetto.

Nella sezione del partito che frequentavo si discuteva del movimento, ma non é che lí i giovani fossero molti, la maggior parte erano funzionari o insegnanti, qualche operaio, peró non erano giovani, erano gente con i figli, gente sposata, con un lavoro regolare, con una vita regolare. Nelle discussioni noi dovevamo farci carico della difesa di un patrimonio storico che il movimento in quel momento stava attaccando, per cui non poteva che vivere quel rapporto in termini di conflitto, loro erano il nostro nemico e c'era l'odio, ma questo ovviamente da tutte due le parti.

C'era all'interno del partito un continuo ribadire l'irresponsabilitá del movimento. La nostra posizione era che la politica la fa chi ha il senso della storia, chi ha il senso critico, chi ha il patrimonio delle masse. Il movimento per noi non faceva parte della sinistra, e non abbiamo minimamente capito quello che sarebbe successo dopo. Non abbiamo capito che quel movimento poneva delle questioni di fondo mentre noi lo consideravamo come un fenomeno giovanilistico tipico di chi approccia la politica in modo irrazionale e passionale. Comunque noi avevamo la certezza che le masse erano con noi, le masse organizzate che parlavano del contratto, che facevano il discorso del lavoro, che avevano vissuto dei momenti difficili rispetto ai quali avevano difeso il terreno della democrazia.

Noi della Fgci facevamo dei corsi in sezione per la formazione dei quadri politici, una grossa parte dello studio era concentrata sui testi classici contro 1'estremismo. Questo perché i dirigenti del partito si rendevano conto della suggestione, del fascino che 1'estremismo, diffuso un po' ovunque e soprattutto nelle scuole, esercitava sui giovani. Tra noi e il movimento é nato un rapporto di odio, di odio profondo causato dall'accrescersi e dall'accumularsi di incomprensioni dovute a culture diverse, ma anche a comportamenti e a forme di vita diverse.

La mattina di Lama all'universitá mi ricordo che quelli del movimento ci tiravano le cinque lire, questa cosa mi ha fatto malissimo, me la ricordo come una cosa molto brutta. Ci tiravano le cinque lire addosso, era una cosa micidiale per chi la subiva, é stata una cosa pesantissima. Siamo arrivati e ci siamo messi sotto il camion attrezzato come palco. C'era il muro del nostro servizio d'ordine e quelli del movimento che premevano. A un certo punto sono cominciate a volare le cose, le botte, le bastonate, ma io la cosa che ricordo di piú é che mi deridevano, mi sputavano addosso e mi tiravano le cinque lire. Sono rimasta annichilita e mi sono resa conto del livello di odio che il movimento aveva contro di noi.

Non sono scappata mentre c'erano gli scontri e ho anche preso delle botte, una sassata qui nella schiena. Mi sono incazzata con i miei compagni che scappavano perché pensavo che se avevamo deciso di andare all'universitá era per restarci. Se era un momento di lotta allora bisognava lottare fino in fondo, non scappare. Invece a un certo punto c'é stato il fuggi fuggi generale.

Poi nei giorni successivi, dentro il partito, ce la siamo presa con i compagni della cellula universitaria che ci avevano riferito la situazione interna all'universitá in modo sbagliato. Erano venuti in federazione a dire che all'universitá non c'era un movimento ma dei gruppi provocatori, una situazione che andava assolutamente normalizzata, che la cosa era possibilissima. Ufficialmente noi del Pci siamo andati all'universitá per evitare l'irreparabile, questo abbiamo detto e ci siamo detti, cioé per evitare l'intervento della polizia per lo sgombero, e gli inevitabili scontri che ne sarebbero seguiti. Non avevamo capito che su quella situazione non avevamo non dico 1'egemonia ma nemmeno un briciolo di prestigio, che non avevamo in sostanza la minima legittimitá."

(PRIMO MORONI/NANNI BALESTRINI – L'ORDA D'ORO – SugarCo 1988 )
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