I circoli del proletariato giovanile

"I Circoli nascono invece
dentro il territorio, nell'hinterland. La cintura
metropolitana era formata da quartieri di costruzione
relativamente nuova ossia erano stati fabbricati verso la fine
degli anni Cinquanta. I giovani nati in quei quartieri hanno
impiegato 15, 16 anni a recuperare un'identità territoriale, a
rendersi amico il territorio e a pensare che loro, la vita
liberata, la volevano non semplicemente nella sede politica
centrale ma nel loro quartiere e senza interventi esterni. 

Da
qui tutte quelle definizioni sul tipo Indiani metropolitani o
simili: avere un circolo, infatti, voleva dire stare nelle
riserve, esclusi dalla ricchezza del centro storico, fino alla
domenica, giorno in cui raggiungere il territorio dell'uomo
bianco e fare le autoriduzioni del prezzo del cinema o della
discoteca. 

Anche i giornali che loro stampano nei quartieri
non sono più così immediatamente politici come potevano essere
Falce e Martello, Bandiera Rossa o simili. 

Loro li chiamano
Felce e Mirtillo oppure si denominano a seconda delle riserve
di appartenenza: così il giornale di Pero si chiama La Pera è
matura, quello di Sesto San Giovanni Sesto senso e via di
seguito. L'esperienza dei Circoli è difficile da definire:
quello che è certo è che essi invertono il meccanismo di uso
sociale della città e hanno meno cultura politica degli ormai
dissolti militanti dei gruppi politici verticali in qualche
modo riassorbiti dall'Autonomia."

(Primo Moroni – "Ma l'amor mio non muore")

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